GITE E PIC-NIC DISTOPICI CON BOTTIGLIA DI VINO

GITE E PIC-NIC DISTOPICI CON BOTTIGLIA DI VINO
Il giorno di Pasquetta mi sono persa in uno scenario fantasy e ho immaginato un pic-nic con le persone più care.
Fantasticavo su un paesaggio distopico. Mi aggiravo per casa in pigiama, con le ciabatte della nonna e un calice di vino.
Il termine distopico rende solo in parte la sensazione di essere in un frullato di scenari che stanno a metà tra Fahrenheit451, Blade Runner e anche un pizzico di Dirty Dancing.
 
Così chiudo gli occhi e penso di essere a un evento con alcuni amici.
Stiamo entrando in un luogo paradisiaco, un prato verde, un po’ finto ma molto bello, un luogo che potrà contenere all’incirca 1000 persone, ma siamo solo 200.  È il numero massimo consentito per quello spazio.
 
All’entrata di questo parco, oltre agli agenti di sicurezza, ci sono queste signorine sorridenti, vestite come Candy Candy, che prima di farci entrare ci misurano la temperatura. Un po’ per dirci che siamo in un luogo sicuro e un po’ per ricordarci quali siano le regole.
 
Per poter partecipare a questo evento ci siamo scaricati un’app sul nostro cellulare.
Nell’area riservata sono registrati i nostri dati sulla salute, cosa ci piace, a cosa siamo allergici, la data dell’ultimo tampone e la conferma che siamo in salute e il nostro posto assegnato sul prato. Sono tracciati tutti i nostri percorsi.
 
È un pic-nic,
con tanto di banchetto privato per ogni assembramento (parola che sembra uscita nuova di zecca dal dizionario e ti chiedi se l’abbiano inventata nel 2020, appena scoperto il COVID).
Ci sono i nostri vini del cuore, i nostri chefs preferiti.
Sappiamo tutto già prima, nessun effetto wow …  perché per un po’ di tempo di sorprese ne abbiamo avute abbastanza.
La musica in filodiffusione è gradevole, una compilation che si alterna a piccole regole, un po’ vacanza villaggio.
 
Per questo tempo in cui immagino l’evento avremo cambiato # l’hashtag, sì perché quando saremo fuori avremo bisogno di usare altre parole come #sofarsoclose #cosìvicinocosìlontano e viceversa.
 
 #Andràtuttobene ci sembrerà già troppo sbiadito… come un frutto cambia sapore e senza buccia non lo riconosciamo più.
 
Ecco, stiamo entrando, ti saluto con la mano.
Ti vedo da lontano, sto per avvicinarmi ma un tipo con il fischietto mi ammonisce e mi invita a rispettare le regole.
Camminiamo a distanza di due metri da tutti, ci sono delle orme disegnate sull’asfalto, perché ci sia più chiaro come mantenere le distanze di sicurezza. Sarà divertente… solo per i bambini, per noi sarà un po’ imbarazzante, ci ricorderà una delle lezioni di fitness che seguiamo in streaming.
 
In fin dei conti è come approdare su un nuovo pianeta.
Mia nonna l’ha sempre detto: nelle cose bisogna prenderci le misure.
E questo è il tempo delle misure, l’anno dei paradigmi, dei nuovi archetipi e dei nuovi alfabeti.
È quel momento in cui ti chiedi se questo sia reale e adatti il significato secondo quello che ti circonda.
 
Ora ognuno raggiunge la propria postazione seguendo il tracciato.
Ci sono piattaforme di sanificazione, gli oggetti sono sanificati, il cibo, le vettovaglie.  Le bottiglie di vino.
Li tocchiamo con cura, come si tocca un esemplare unico di una collezione privata a Sotheby’s per le aste estive.
 
Insomma, in tutta questa disciplina bellissima, tu sei ancora lontano, o meglio, sei relativamente vicino, ma non così tanto per riuscire a salutarti.
Voglio avvicinarmi a te, ho questo piattino tra le mani e tocco tutto quello che c’è per dirmi che esiste davvero.
 
Sono colta da un desiderio d’imperfetto misto a una volontà di trasgredire, incluso qualche bestemmia silente e mi chiedo: “perché non ti muovi e non vieni qui con noi che ti stiamo aspettando?”
 
Mi alzo, decido di venirti incontro, saltello sulle orme rompendo le righe, passo la cortina del banchetto, do una testata al vetro che separa un assembramento dall’altro…cavolo mi ero dimenticata del vetro. Mi gira la testa, mi cade il piatto e tu finalmente ti avvicini.
Ho voglia di abbracciarti e di chiederti come stai? Ho voglia di dirti tutte quelle cose che fino a prima non avevano ma ora - che è cambiato tutto- hanno un senso nuovo.  
 
Tu mi sorridi, io mi avvicino. E niente, cazzo…sei un ologramma.
 
Ma non potevi dirmelo che mandavo anche il mio così restavo a casa fare altro?

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Credit foto: Samuele Grassi @zamgrafica
Samuele è un grafic designer, un visionario che disegna scenari fantasy. Podista ossessivo nel tempo di quarantena, disegna lavagne di paesaggi e luoghi che poi percorre nella sua mente.